Passando lungo la strettoia di Borgonovo Ligure, fendendo con l’auto quell’ architettura un po’ naïf che va sotto il nome di Castello Rocca, si entra in un varco temporale molto più profondo dei pochi metri che separano i due corpi del borgo. Si entra dentro un “romanzo criminale” che un giorno ispirerà forse qualche scrittore o regista. Per ora, bisogna ringraziare il lavoro di ricercatori come Sandro Sbarbaro che ne hanno ricostruito i tratti fondamentali attingendo a fonti vecchie di cento anni come la “Vita di Chiavari nel ‘500” del Pessagno, e ad altri documenti d’epoca.
Teatro delle vicende che prendiamo a raccontare è soprattutto la Valle Sturla. Soprattutto, ma non unicamente. Gli anni sono quelli che intercorrono fra il 1535 e il 1543. Siamo nel cuore del “Secolo dei Genovesi”, “el siglo del los genoveses”, ma non qui. Qui la Serenissima Repubblica di Genova, determinata e implacabile negli ingaggi navali e nell’apertura di nuove rotte per i propri commerci, sembra distante anni luce, tanto appare debole e impotente. I capitani di Chiavari che si accavallano nel corso del tempo trasudano disperazione nelle missive che inviano al governo centrale. Dire che la Valle Sturla appartiene alla Repubblica di Genova è compiere un esercizio meramente nominalistico. Perché la Valle Sturla, alla prova dei fatti, è il Regno del “Crovo”…