C’era una volta – a cavallo del ‘600 – un pane, prodotto in un paese del nostro entroterra, che aveva la nomea di essere eccezionalmente buono. Era il pane di Cicagna. Sul perché questo pane fosse così prelibato le ipotesi sono molte. Qualcuno dotato di fantasia potrebbe pensare a un sortilegio magico, in un paese dove tutte le donne, che si diceva fossero organizzate in una vera e propria setta, avevano la nomea di streghe. A pro di chi preferisce la logica e la ragione, invece, potremmo partire dal toponimo “Fontanabuona” per azzardare che a quelle latitudini l’acqua doveva avere proprietà straordinarie. E’ storia ormai risaputa: l’etimo deriva da un’antica fontana (di Canà) nota per l’acqua pregiata. Va detto che questa fonte sorge un poco lontano da Cicagna, nella frazione di Castello, nel comune di Favale di Malvaro, elevata alle cronache per essere stata la “quinta” della vicenda dei Cereghino. Un’altra storia.
Quella che prendiamo a raccontare qui, come spesso accade quando ci sono di mezzo le valli genovesi prima del ‘700, è invece una storia di contrabbandieri, gente manesca e dal grilletto facile…